Questa mattina, prima del sorgere del
sole, sono andata in un paese vicino al mio.
Dovevo fare delle commissioni.
Terminati gli impegni, prima di
ripartire sono entrata in chiesa per una visita.
Poche donne nei banchi. Grandi spazi e
un altare addobbato per le quarantore.
Dietro l'altare, un enorme drappo
rosso, sormontato da una corona che sembrava trapuntata di pietre
preziose, scendeva allargandosi verso i lati in mille pieghe.
Sull'altare erano posizionati dei
candelabri dorati che si estendevano in una infinità di volute.
Subito ho pensato alla fatica di chi
aveva posizionato un'installazione così imponente: è fede anche
quella!
Poi è prevalso il senso del “troppo”,
quasi da togliere il fiato.
Sono uscita dalla chiesa.
Il sole, appena sorto dalla collina di
fronte, sferzava le pietre bianche della scalinata e della piazza,
riflettendosi nello zampillo della fontana del paese.
Ho respirato a fondo ed ho pensato a
quanto siamo bravi a ricoprire di una moltitudine di ornamenti, fino a
renderlo irriconoscibile, quel Gesù di Nazareth che volle essere
maestro itinerante senza nemmeno un posto dove posare il capo.
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Ho intuito come sia bello tornare a
seguirlo per le strade, il nostro Maestro, liberi e leggeri, senza
strutture e pesi inutili!
Rispetto la fatica e la devozione di
coloro che hanno abbellito quella chiesa, ma capisco sempre di più
che la fede mi porta altrove.
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