martedì 8 novembre 2011

Un gioco da bambini...

 Nel gioco il bambino non si propone di raggiungere nulla, non ha alcun scopo. Non mira ad altro che a esplicare le sue forze giovanili, a espandere la sua vita , nella forma disinteressata dei movimenti, delle parole, delle azioni, e con ciò a crescere , a diventar sempre più perfettamente se stesso. (…) Agire liturgicamente significa diventare, col sostegno della grazia, sotto la guida della Chiesa, vivente opera d'arte dinanzi a Dio, con nessun altro scopo se non d'essere e vivere proprio sotto lo sguardo di Dio; significa  compiere la parola del Signore e “diventare come bambini”; rinunciando, una volta per sempre a essere adulti che vogliono agire sempre con finalità determinate per decidersi a giocare, come faceva Davide quando danzava dinanzi all'Arca dell'alleanza.

Questa riflessione si trova nel testo di Romano Guardini “Lo spirito della liturgia. I santi segni”, Morcelliana, 2000, pagg. 77, 81-82.

Romano Guardini (1885-1968) fu un teologo italiano naturalizzato tedesco esponente del movimento liturgico nato nei primi anni del XX secolo che si proponeva una rivalutazione della liturgia, scoprendone i profondi significati teologici al di là del ritualismo.

Mi piace la valorizzazione che Guardini fa della dimensione giocosa e gratuita della liturgia e della vita. 

Tendenzialmente, siamo portati a pensare che ciò che non ha uno scopo immediato e pratico, non sia importante.

Invece il Signore Gesù ci insegna che la gratuità è la scelta per una vita realizzata.

Il nostro Dio è proprio uno “sprecone”! Pensate alle nozze di Cana dove trasforma in vino raffinatissimo l'acqua contenuta in 6 giare, ciascuna di una capacità variabile dagli 80 ai 120 litri!! E ormai quando la festa di nozze sta per finire, come nota il maestro di tavola dopo aver assaggiato il vino!
6Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili. 7E Gesù disse loro: «Riempite d'acqua le giare»; e le riempirono fino all'orlo. 8Disse loro di nuovo: «Ora attingete e portatene al maestro di tavola». Ed essi gliene portarono. 9E come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse (ma lo sapevano i servi che avevano attinto l'acqua), chiamò lo sposo 10e gli disse: «Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un pò brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono». (Gv 2, 6-10).
Non a caso Gesù stesso paragona il regno di Dio ad un banchetto di nozze reali: immaginate quale gioia ed abbondanza! (Mt 22,2)

Così dovrebbe essere per noi quando partecipiamo alla Santa Messa: un gioco, dice Romano Guardini, dove sperimentiamo la gioia di agire senza uno scopo utilitaristico, ma solo per esplicare la nostra umanità ed espandere la nostra vita; un banchetto di nozze, dice Gesù, dove sperimentare la gioia di stare insieme e l'abbondanza della mensa e del vino, simbolo di quel “di più” che va oltre lo stretto necessario e che dà qualità alla vita. Perché al Signore Gesù Cristo non basta che viviamo, ma desidera che viviamo pienamente realizzati.

               Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza
               (Gv 10,10)

Ma... i nostri visi esprimono questa gioia quando usciamo dalla Messa?

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