giovedì 23 febbraio 2012

Scintille

Quando agiamo egoisticamente, quando bramiamo, quando cerchiamo di possedere e trattenere qualcosa come nostro, quando ci rifiutiamo di lasciare la presa, in tutte queste occasioni stiamo agendo in modo contrario al funzionamento naturale delle cose. E' come nuotare controcorrente o cercare di acchiappare e di tenere in mano un uccello in volo. L'egoismo produce frizione e volano scintille dolorose quando sfrega contro la realtà dal verso sbagliato, sicché per il buddhismo esso non è tanto peccaminoso, quanto stupido. (Però, esattamente come per i cristiani, produce sofferenza per sé e per gli altri). Non è che i buddhisti si oppongano al godimento della compagnia delle altre persone o delle cose, ci mettono soltanto in guardia dal cercare di trattenerle e dal pensare che siano di nostra proprietà. Non appena ci comporteremo così, infatti, voleranno scintille, con il risultato di ferire le persone. 

Questa bella riflessione sulle conseguenze dell'egoismo è tratta dal libro di Paul Knitter “Senza Buddha non potrei essere cristiano” Fazi Editore, 2011, pag. 14.

L'autore, prete cattolico, si è convertito al buddhismo per poi tornare ad essere cristiano, portandosi in dote, nel “riattraversare la frontiera”, tutta la profondità della spiritualità buddhista alla luce della quale anche la figura di Cristo risulta arricchita di significati.

La riflessione sugli effetti nefasti dell'egoismo nasce dalla consapevolezza che, nel divenire continuo della realtà, tutti gli esseri umani e senzienti sono collegati tra loro e con la natura in un continuo movimento che non può essere fermato, pena creare “scintille” di sofferenza.


Anche Gesù ha spesso indicato come ricetta di felicità la scelta di “lasciar andare”, (una parola più familiare alla spiritualità cristiana direbbe “rinunciare”) le cose e le situazioni che, se da una parte ci danno un senso di sicurezza, dall'altra ci fanno schiavi ed infelici.

A questo proposito illuminante è l'episodio dell'uomo ricco.

17Mentre andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». 18Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. 19Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre». 20Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». 21Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». 22Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. (Mc 10,17-22)

Il protagonista è un “bravo” ragazzo che tenta di vivere generosamente la sua vita di fede, ma non sa rinunciare alle sicurezze identificate coi suoi molti beni che diventeranno la sua prigione di infelicità.

E' difficile scegliere di non difendere le proprie posizioni, lasciandosi scorrere nel verso della realtà, eppure è la strada che sia Buddha che Gesù Cristo ci indicano per vivere una vita realizzata.

Alla luce di questa riflessione acquista nuovo significato la frase di Gesù:
33Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva. (Lc 17,33) 

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