mercoledì 29 febbraio 2012

Padre Nostro



Questa mattina ho riletto con occhi nuovi la preghiera del Padre nostro.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate.
Voi dunque pregate così:
Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non abbandonarci alla tentazione,
ma liberaci dal male.
Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe». Mt 6,7-15


Che bello l'invito che il Signore ci rivolge a non sprecare parole con Dio.
E' come se Gesù ci dicesse: almeno davanti a Dio rilassati!
Non avere l'ansia di apparire al meglio; sentiti libero, te stesso, tranquillo sapendo queste cose.

Dio è un genitore amorevole, che si prende cura non solo di te ma di tutti gli uomini (è nostro, infatti!).

Nel desiderio -fatto preghiera- della santificazione del nome di Dio, della venuta del suo Regno e della realizzazione della volontà di Dio c'è espressa non solo la speranza, ma anche l'impegno di ogni credente affinché la terra, oltre che il cielo, diventi uno spazio dove tutti possano vivere la dimensione della festa, cioè della vita gioiosa, piena, realizzata (e non solo pochi che guardano indifferenti la miseria di molti): non ha, forse, Gesù stesso paragonato il Regno dei cieli ad una festa di nozze?

C'è la richiesta del pane, cioè di ciò che serve a nutrire la nostra vita, ma di un pane quotidiano che, quindi, non prevede accumuli. La ricchezza accumulata è sempre sottratta agli altri e, come la manna nel deserto, è destinata a marcire!

(…) Avevano raccolto secondo quanto ciascuno poteva mangiarne. 19Mosè disse loro: «Nessuno ne faccia avanzare fino al mattino». 20Essi non obbedirono a Mosè e alcuni ne conservarono fino al mattino; ma vi si generarono vermi e imputridì. (Esodo 16, 18-19) 




Arriva poi la richiesta di essere perdonati, ma anche la disponibilità a perdonare. Argomento delicato, a volte ostico il perdono, eppure solo lasciando la presa dal rancore possiamo aprirci al futuro e abbandonare al nostro passato il dolore della ferita subita. Il Signore sa che di fronte all'amarezza di certe sofferenze il perdono non è un percorso umanamente proponibile. Va chiesto come dono a Dio. Eppure ci invita a fidarci e a lasciare il cuore aperto a una disponibilità che va oltre le nostre capacità.

Parafrasando la frase del padre del ragazzo epilettico in Marco 9,24:“Credo; aiuta la mia incredulità!” potremmo dire: “Signore vorrei perdonare, ma sono troppo ferito. Aiuta il mio dolore!”

Infine la richiesta di non sentirci abbandonati nella tentazione, di non vivere la lontananza di Dio nei momenti in cui sembra prevalere il male, la prepotenza, la sopraffazione, la violenza.

Qui salgono alla mente le immagini di Gesù nel Getzemani e sulla croce: “il Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato” (Mt 27,46; Mc 15,34). I bravi commentatori si affrettano a spiegare che si tratta della citazione di un salmo, per cui Gesù non gridava il suo abbandono, ma invocava suo Padre.

Io penso che sia vero e questo e quello... non bisogna avere paura di ammettere che anche per gli uomini e le donne di fede può arrivare il momento in cui la lontananza di Dio si fa sentire e, normalmente, questo coincide con momenti abitati dalla sofferenza. Ecco! Gesù sa che questi momenti possono capitare e ci invita a rivolgerci a un Dio che è Padre chiedendogli di liberarci dal male.

Amen!

Sì! Così sia.

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